mercoledì 25 aprile 2012

Liberazione Oggi

Io non c'ero. Non so cosa sia successo. Certo, i libri di storia possono averci raccontato, i vari film possono averci mostrato immagini simili, ma noi non c'eravamo.

I miei nonni erano ancora piccoli, ricordano solo la fame, le lotte per un pezzo di polenta, il freddo del granaio che li teneva nascosti dai fascisti, il comunicare a gesti con i russi che tenevano nascosti. 

Allora la "Liberazione" era un sogno, un sogno fatto in mondovisione, con sempre più persone che nelle poche ore di sonno prima di tornare a nascondersi sognava di tornare a casa, di rivedere gli amici, di uscire e urlare la propria voce alle campagne deserte.
Indipendentemente dalle idee politiche, dagli interessi degli schieramenti e dalle posizioni assunte, quello che la gente voleva esprimere era la stanchezza per un conflitto che non sentiva suo, che era diventato logorante, e stava prosciugando ogni sentimento se non quello della rabbia.
Rabbia o Ribellione? Spesso l'una guida l'altra, ma non devono mai essere confuse. La rabbia non deve essere mai incentivo alla cattiveria, la ribellione è giusta se fondata su solidi principi, sulla liberazione dall'oppressione.

Ecco che, se in questi giorni difficili per il popolo italiano, i sentimenti di rabbia verso la classe dirigente e di depressione per la difficoltà con cui si arriva a fine mese stanno sempre più prendendo piede in tutti noi, una domanda dobbiamo farci:
"Siamo capaci di Resistere?"

Quanto saremo in grado di sopportare, e a testa china fare quello che ci viene detto?

Quanto siamo disposti a concedere pur di aspettare un futuro migliore per noi e le nostre future generazioni?

Quante notti ancora chiuderemo gli occhi sperando che il domani passi in fretta per tornare di nuovo a sognare?

"Tutti hanno sognato un mondo diverso, un mondo di libertà, un mondo di giustizia, un mondo di fratellanza e serenità"

Per chi ha 80 anni ora, per chi non c'è più, per chi ha vissuto quei momenti difficili, questo era il sogno, e purtroppo ora, nel 2012, 67 anni dopo la Liberazione, ancora nulla è successo, niente è cambiato, questo mondo non c'è.

E allora riflettiamo, ragioniamo con la nostra testa, e continuiamo la loro lotta, quella di chi si è alzato tutte le mattine della propria vita per lasciarci un futuro migliore.

sabato 21 aprile 2012

Riflessioni su un Soggiorno all'estero Mai iniziato

Non vi ho mai parlato della mia vita a Copenhagen, degli amici con cui esco, delle persone che frequento, di come trascorro i weekend nella capitale Danese. E mi sento in colpa per questo.

Ma vedete, cari lettori, non lo faccio apposta. La verità è che tutta questa strada ti fa crescere interiormente in maniera così profonda che molto spesso si tende a tralasciare quello che c'è attorno, ma ti accorgi poi che sono le persone che hai vicino, che rendono il tutto speciale.

Io per esempio ero un sedentario. Da piccolino non avrei mai voluto lasciare il paesello, bensì avrei voluto fare l'archeologo (ero convinto ci fosse l'Università al paesello), poi il veterinario, l'astronauta, il lattaio, aprire un'edicola solo per avere gli sconti sul Topolino, diventare un pescatore e infine un ingegnere aerospaziale. 

Una volta arrivato a Padova mi sono abituato così bene allo stile di vita cittadino che mai me ne sarei andato da lì. Le lezioni, le passeggiate, i mercoledì universitari, l'animazione in centro, ma sopratutto gli amici mi facevano sentire a casa, sentivo che il legame con la città diventava solido. Poi Milano, prima nei week-end, poi d'estate, ed infine Lisbona.

Meravigliosa la capitale Portoghese, niente da dire, una delle città più belle in cui trascorrere una vita tranquilla di giorno e movimentata fino all'eccesso di notte. La città in cui non è un lusso chiamare un taxi o comprare una bottiglia di Don Perignon in discoteca, la città che non dorme mai, che ti ospita sotto le sue stelle, la città dove il Cristo Rei ti guarda, ti abbraccia e se può ti chiede un goccio di Mojito.

E se non fossi mai venuto a Copenhagen? Se avessi deciso di restare al paesello dopo essermi preso il pezzo di carta dell'Università? Se fossi rimasto ipnotizzato da Lisbona, se avessi deciso di tornare a Padova o ancora se avessi aperto quell'edicola per poter avere gli sconti sul Topolino?

Probabilmente avrei fatto altre esperienze, avrei incontrato altre persone, diverse o uguali nel carattere, avrei trovato altro ad aspettarmi. Ma niente sarebbe stato certo.

La sola certezza è che avrei perso ciò che mi ha portato Copenhagen. Non solo tanto freddo, ma soprattutto tante avventure, tante conversazioni, tante amicizie, ma soprattutto un cambio profondo. 

Non avrei mai conosciuto quel personaggio che è il Fra, da cervello in fuga dall'Italia a cervello in fuga dalla Danimarca, convinto sostenitore della Apple che ha deciso, a quanto pare, di tornare a casa di mammà una volta finito il Master qui.

Non avrei incontrato Attila, l'ungherese pazzo, che oltre ad essersi dimostrato un grande amico (mi ha trovato casa tramite la ragazza che frequentava, la mia attuale coinquilina greca) si sta dimostrando un grande festaiolo e sempre più pervertito.

Non avrei mai passato minuti al telefono cercando di capire dove fosse finito Martino, il mio amico svedese, che a causa di alti concentrati alcolici ogni tanto si perde nei sobborghi di Copenhagen, ed impiega ore prima di arrivare a casa. Una volta siamo quasi finiti in una quasi rissa assieme, un'altra siamo andati a sbattere con la bici addosso una macchina parcheggiata. Cicatrici fisiche, quelle, altroché.


Poi tanti altri studenti provenienti da tutta Europa, come il vecchio islandese Gudjon che ha lo spirito di un bambino, i tanti Norvegesi, i Danesi che ho conosciuto nella squadra di rugby, la mia coinquilina greca e il suo cagnolino.
Tante persone che mi hanno lasciato un segno dentro.

E poi i tanti Italiani qui in Danimarca, Andre in primis, e Alessiya, che un po' ricorda Barbara D'Urso, sarà per via di quell'accento romano, o sarà perché abusa di Uomini&Donne, Pomeriggio5 e simili, ma che avendo vissuto qui per 4 anni mi è sempre stata vicina. 

Ma soprattutto Fintabionda, perché nella vita non sai mai cosa aspettarti, ma ti auguri sempre di incrociare un sorriso come il suo; uno di quelli potenti, che ti raddrizza la giornata.

Ecco come una scelta di vita, presa quando sei ubriaco ("ghahaghgggg, vado a Copenhagen, basta!" semi citazione) ti cambia le carte in tavola. Non è solo il freddo che ti porta questi pensieri, ma la vita. Questa maledetta che ti scombussola ogni 3x2 manco fosse un'offerta del supermercato.

E potrei stare qui tutto il giorno, come in un fumetto della Marvel, a chiedermi "cosa sarebbe successo se.." e scoprire che sicuramente non avrei scritto questo post, non avrei fatto tante cose, non avrei mai provato il caffè danese (non provatelo eh), non avrei mai visto la statua della Sirenetta, mai scoperto come la lingua danese possa esistere ancora nonostante tutto, ma soprattutto scoprirei che adesso mi sarei sentito incompleto.

Come questo cerbiatto, non conoscerei che cosa mi aspetti dietro l'albero.

mercoledì 11 aprile 2012

Tecnologia vs. Solitudine

Non si può più dire esattamente di essere soli. Nessuno è solo. Nessuno può restare solo. Nel vero senso della parola. Viviamo in un mondo fatto sempre più dai social network, e ci passiamo talmente tanto tempo che rischiamo di diventare asociali nei social network. 

Tuttavia, i social hanno cambiato il nostro stile di vita, pure il Trota lo aveva capito (o gliel'avevano fatto notare) e si dimostrano mezzi fondamentali per estendere il network di conoscenze, che potrebbe essere utile anche in campo lavorativo, in un futuro.

Lo dico da iscritto a Twitter, a Facebook, a Google+ e a tanti altri che nemmeno ricordo, so solo che ogni tanto mi arrivano mail di controllo di un profilo che non sapevo di avere. Fatto sta che ormai un amico su Facebook sta diventando un vero e proprio amico reale, anche se hai avuto poco, o limitato, contatto fisico. Ogni persona passa sempre più tempo davanti allo schermo e si integra in un mondo nuovo, fatto di emozioni più e più rarefatte e dove la curiosità la fa da padrona.

La curiosità umana ci spinge sempre più dentro a questo gioco perverso, creando circoli viziosi inimmaginabili. Oggi i classici triangoli amorosi diventano un affare di famiglia, visto che non ci si trova più a discuterne in coppia, ma c'è sempre il terzo incomodo che è troppo curioso per farsi gli affari suoi, l'amico dell'amico, l'amica del cugino, uno che hai aggiunto l'altro giorno e manco conosci, gli ex di turno e forse pure mamme e papà.

Quello che dovrebbe essere il semplice incontro di due persone che vogliono stare bene insieme si trasforma in un cinepanettone intercontinentale, e a suon di equivoci ci rimette sempre la coppia, che si trova troppa pressione dall'esterno, ed esplode. 

Ma la domanda che sorge spontanea è: può la tecnologia interferire, o giocare un ruolo chiave, quando una persona ha bisogno di stare sola? Vuoi per un litigio, per una rottura, o giusto per un giramento di palle, riesce qualcuno a stare effettivamente da solo?

Certe volte invidio gli anni in cui si usava solo il telefono di casa, dove non si avevano notizie di una persona per settimane, prima di ricevere una cartolina, dove non c'era skype e la famiglia la si vedeva effettivamente quando si tornava a casa. Ero piccolo, ma ancora ricordo quei tempi quando il telefono di casa squillava e organizzavamo grandi tornei di calcetto.

Oggi, chi è social dipendente (si connette 2-3 volte al giorno, o pure 1 ma ci resta tutta la giornata) non è mai solo, ma diventa "stalker". Perché la curiosità va aldilà del normale, e si passano le giornate a guardare le foto di persone che non ci interessano minimamente ma ci ricordano l'amico che se n'è andato, la ragazza con cui abbiamo rotto, le persone che ci hanno ferito e per nostra pura perversione continuiamo a seguire.

Ci sono passato pure io, con chi mi lasciò anni or sono, con la ragazza che ho lasciato prima di partire per Lisbona, con la ragazza che ho lasciato prima di arrivare a Copenhagen. Social o no, l'unica cura è sempre il tempo, tempo di riassettare le modalità e continuare la strada che si aveva tralasciato, tempo di maturare e scoprirsi più forte.

E qui i social giocano un ruolo chiave. Perché non siamo mai da soli, e la paura più grande è di non scoprirsi forti abbastanza da riuscire a chiudere una pagina su Facebook. I mesi di oggi diventano anni per noi, ma restano pur sempre giorni, quando si tratta di dimenticare, perché dimenticare non è mai facile. Ma il rischio è di rimanere schiacciati in una dimensione nella quale vorremmo continuare la strada ma non ci riusciamo, perché il passato è li, che commenta, posta video e foto, stringe nuove amicizie e continua la sua strada.

E continuando così si perde ciò che si ha davanti, perché ciò che è dietro ormai è perso (sempre se il destino, non i social network, ci faranno reincontrare).

Oggi si torna a Copenhagen, dove spero anche io di continuare la strada che avevo tracciato con le persone, gli amici e i piacevoli imprevisti che sono capitati.

Vi ses

Gianbellan

giovedì 5 aprile 2012

Io ero tornato per prendere il sole

Tornato da Copenhagen alla Malpensa pensavo di trovare il sole ad aspettarmi, invece c'era il grigio. Caldo, comunque (15 gradi sono una cosa che si può solo immaginare in Danimarca, di questi tempi) ma mi aspettavo molto di più. Soprattutto perché sono attualmente di carnagione color bianco latte, e più di qualcuno mi ha dato il consiglio di prendere un po' di sole.

Ovviamente, una volta arrivato a casa è cominciata la tiritera di parenti e amiche di mia madre (le più scrupolose osservatrici del mio status quo) che hanno iniziato a dire come sono dimagrito, se mi faccio da mangiare, se son bravo a cucinare e se uso il burro. Domande alle quali rispondo alternando cenni e risate, sperando che sta tortura finisca il prima possibile.

Poi la famiglia ti aggiorna su cosa è successo nei mesi in cui eri via. Si parte con un bollettino di guerra che contiene, ahimè, chi ci ha lasciato, chi si è sposato, chi ha avuto figli e un riassunto di 45 minuti sui nuovi episodi di Gossip Girl. Poi si viene alla politica, al fatto che ci son troppe tasse da pagare e che serviranno i miracoli per arrivare a fine mese, ma son discorsi ormai triti e ritriti, che alle mie orecchie suonano vuoti.

Poi gli amici. Rivederli ci sta sempre, ma accorgerti di come non sono cambiati, mentre tu l'hai fatto profondamente, lascia sempre un po' di delusione. I discorsi son sempre quelli, i posti da vedere sempre gli stessi, mai niente di nuovo, mai niente di diverso.

Quindi alterno le mie giornate tra film, facebook e twitter, aspettando un sole che deve ancora uscire, perchè io voglio scaldarmi ed abbronzarmi. Perchè ne ho bisogno.

Intanto, Buona Pasqua a tutti,

Abraço

Gianbellan

lunedì 2 aprile 2012

Cosa metto in valigia?

Poi dici che non esistono più le mezze stagioni.


Una settimana passata fuori dal bar dell'università a bere caffè e prendere il sole, spesso disturbato dal vento freddo del Nord, ma con tutta la voglia di dormire che si porta dietro la primavera. Fino a venerdì, quando il nostro progetto di fare un barbecue all'aperto finisce perché l'inverno decide di tornare. Freddo, vento, pioggia, il tutto coronato da una nevicata fitta questa mattina, giusto per fare le cose per bene.

Bel pesce d'aprile, gran giocherelloni gli dei lassù, fate voi. Fatto sta che il progetto di arrostire hamburger, costine, pancetta e salsicce a darci dentro come degli animali da combattimento è saltato. Alla fine tutto va così. Non puoi programmare una cosa nemmeno con un giorno d'anticipo, di questi tempi.

No, perché il destino (o qualcosa di simile) si mette sempre in mezzo a fare questi tiri mancini assurdi, e mentre tu passeggi mangiando il tuo gelato e godendoti il panorama arriva da dietro qualcuno e 'pam', ti ritrovi a guardare il tuo gelato al pistacchio e cioccolato spiaccicato sull'asfalto. 

In questo momento sto preparando la valigia, sto cercando di portare a casa più cose invernali possibili, così posso portare su qualche costume da bagno o qualche maglietta a maniche corte in più. Ma poi penso: "e se  per quando ritorno (tra 10 giorni) l'inverno non se n'è ancora andato?" Allora mi ammalerò. E starò a letto (il che proprio un male non è).

Quindi sorge spontaneo decidere di lasciare qualcosa a Copenhagen. Qualche maglione, qualche felpa, anche qualche pensiero. Tra una scarpa e l'altra in valigia non mi ci sta più molto. Devo fare attenzione a cosa mi serve veramente, a cosa posso rinunciare, cosa posso lasciare a casa e cosa, invece, sento di dover portarmi via.

Riflettendo, spesso mi accorgo di come parecchie situazioni assomiglino alla vita reale. Ma poi capisco che queste sono la vita reale. Una vita che non è fatta di se e di ma. Ma solo di azioni. Quelle che decidiamo noi. E le più importanti sono quelle che facciamo perché lo sentiamo.

Per cui lascio qua qualche maglioncino e mi porto via i pantaloncini. Perché mi devo abbronzare.

Dalla incerta (meteorologicamente) Copenhagen,

Vi ses

Gianbellan

Lisboa

Lisboa
The city which took my heart

Copenhagen

Copenhagen
Lovely capital of Denmark, the city where I use to live