venerdì 28 dicembre 2012

Capodanno in mezzo alla Nebbia


Avevo promesso che avrei scritto durante il periodo Praghese, ma alla fine ero troppo impegnato a non ricordarmi cosa fosse successo la notte prima, per poter scrivere qualcosa di sensato. Sappiate che sono sopravvissuto.

E ora mi ritrovo di nuovo in Italia, dove ho passato il Natale, e dove passerò il tanto temuto Capodanno. Dopo Salerno, Lisbona e Copenhagen, stavolta tocca a Rovigo.


Il rito del Capodanno nelle lande desolate e annebbiate della provincia inizia quando uno della compagnia inizia a farfugliare qualcosa nella lingua del posto, conosciuta solo dai residenti: un qualcosa che assomiglia, in italiano, al classico "cosa facciamo per Capodanno?".

Un primo approccio alla risposta è dettato da quelli che sembrano essere i 5 stadi della separazione:

1. Negazione: "Ma va la, cosa ti preoccupi adesso? Mancano ancora 20 giorni, c'è tutto il tempo per decidere!"

2. Rabbia: "*azz*, fioi, ve l'avevo detto che ci dobbiamo organizzare! Ormai i ristoranti saranno già pieni e finiremo per programmare tutto all'ultimo, finire in una festa dove non conosciamo nessuno e andare a letto dopo i fuochi d'artificio"

3. Patteggiamento: "Ripensandoci, siamo ancora in tempo per fare qualcosa di sensato, non tutto è perduto. Ho sentito di tanta altra gente che non ha fatto niente"

4. Depressione: "Possiamo fare quello che volete, tanto alla fine si sa, Capodanno fa schifo, non c'è niente da festeggiare, solo un altro anno di merda che arriva, non portando niente di nuovo se non nuove sfighe"

5. Accettazione: "Va ben, un altro Capodanno è stato organizzato, vedremo che bella cagata ne uscirà"

Una volta che il Capodanno è organizzato, di solito prende tre direzioni prettamente identiche:
- Cenone con gli amici + Brindisi
- Cenone con gli amici + Brindisi + Festa con amici
- Cenone con gli amici + Brindisi + Discoteca

Visto che tutti e tre alla fine assumono le sembianze di mega orgioni senza senso pieni di gente che limona, gente che vomita e gente che guarda, andiamo a descrivere l'ambiente tipico di una festa di Capodanno nella provincia di Rovigo.

La gente
Il 97% dei "polesani" (così sono chiamati gli abitanti del luogo) è, è stato, o diventerà un dj. La musica tamarra scorre nelle vene di queste persone, abituate alle bestemmie e al motorino taroccato fin dalla tenera età. Molte di queste persone poi continuano a seguire questo status quo fino all'età di trent'anni, dimenticando che esistono cose importanti come saper parlare l'italiano, realizzare i propri sogni, vivere in maniera civile.
Il restante 3% degli abitanti della provincia ha una laurea, ma principalmente non sa cosa farne, tanto che la appende al muro in camera sua e inizia la carriera nell'azienda agricola di famiglia come tuttofare.

Lo stile
Il polesano medio tenta in tutti i modi possibili di essere alla moda, risultando sempre più simile ad un tortino di riso con i canditi. E il discorso vale sia per lui, che per lei. Lampade, ombretto, rossetto, taglio all'ultimo grido, vestitini, pantaloni attillati, ingombranti cardigan di lana, camice D&G e giacche improponibili regnano sulla pista da ballo durante una festa di Capodanno. 
C'è buona probabilità di incontrare anche personaggi adornati di collanine e gioielli d'oro, ben in vista grazie alla canottiera pagata a tre cifre che, orrenda, viene messa in mostra orgogliosamente.
Ognuno, nel proprio intimo porta qualcosa di rosso, perché dicono porti bene: queste sono terre in cui la scaramanzia e altre credenze superstiziose regnano sovrane.

Il brindisi
Il momento centrale della serata, avviene nella più modesta sobrietà. Scherzavo. La gente non brinda, fa a botte. Spintoni, bestemmie, baci e abbracci si confondono, e molto spesso ci si ritrova a fare auguri ad una persona che nemmeno conosci. I 5 minuti dopo la mezzanotte il 90% degli invitati si attacca al telefono per comunicare la propria gioia all'esterno del locale, ma in realtà si attacca al telefono imprecando l'Altissimo che non c'è ricezione o che, guarda caso, le linee sono tutte intasate.

La Conclusione
Dopo un paio d'ore di "su le mani", "e siamo noi e siamo noi" il cosiddetto popolo della notte che di popolo ha ben poco inizia il lungo processo di sonnolenza che lo porterà al letargo. I primi ubriachi iniziano ad addormentarsi sui divanetti, altri troppo ubriachi si addormentano avvinghiati al cesso. Le donne, deluse dai comportamenti primitivi degli uomini presenti si annoiano e chiedono agli schiavetti di turno di essere accompagnate a casa. Mentre i ragazzi che sono rimasti appoggiati tutta la sera al bancone del bar, sorridendo a ogni ragazza, andranno a casa felici, a scrivere sui social "che mega seratona".

Questo di film horror ha ben poco, anche se è uno scenario in cui un thriller sociale si adatterebbe bene.

Alla prossima,

Gian



P.S. Ogni dialogo riportato, realmente accaduto o immaginato, è stato tradotto letteralmente dalla lingua del posto in Italiano.

Lisboa

Lisboa
The city which took my heart

Copenhagen

Copenhagen
Lovely capital of Denmark, the city where I use to live