giovedì 29 dicembre 2011

Un uomo deve fare quello che deve fare


Quando stamattina ho deciso di accendere il computer e rispondere ad alcuni annunci di lavoro, ho pensato di fare un bilancio su quello che è stato questo 2011.

Da molti punti di vista quest'anno è passato molto lentamente rispetto agli anni passati che sono volati, ed è forse per questo che ho assaporato ogni delusione e momento tragico che il 2011 ha proposto alla mia vita da viaggiatore. Lasciando Lisbona si è concluso un capitolo incredibile della mia vita, quel periodo da studentello felice e brillo (più che brillante) che aveva trascinato la mia vita fin dal momento in cui, ad otto anni o forse meno, decisi di diventare veterinario.

In effetti in questo 2011 dottore lo sono diventato, non in medicina, bensì in Economia. E la cosa che più mi ha fatto piacere non è stato il fatto di aver raggiunto un traguardo che avevo da tempo programmato, ma il sorriso e la soddisfazione dei miei genitori. Se io avevo messo da parte il realizzarsi di questo evento, loro avevano continuato a vedere il sogno dentro di esso, il sogno di avere un figlio laureato, un sogno che gli è costato parecchi sacrifici.

Già, sacrifici. I miei genitori sono le persone migliori che riesca ad immaginare. Davvero. E il 2011 ha messo tutti a dura prova. Quest'anno si è portato via mio nonno, così mia madre ora ha perso tutti e due i genitori; mio papà è stato 5 mesi in cassa integrazione, e mia sorella non riesce a trovare lavoro nel suo campo, se non per lavori stagionali. E quest'anno ha reso tutto più difficile. La crisi ha veramente colpito tutti, e stando all'estero ha offuscato un po' la realtà, ha attutito quello che veramente sta accadendo.

Ora mi trovo qui, a Copenhagen, continuando gli studi, cercando lavoro, e intanto cresce il mio network di conoscenze, vengo a contatto con culture diverse, più civili rispetto alla nostra. E questo percorso fatto per arrivare qui non mi ha indebolito, anzi, ogni singola esperienza ha fatto si che arrivassi qui, per costruirmi il mio futuro.

Le cose a casa migliorano, ma sono sempre in bilico come la fiducia sul Belpaese, e la certezza che il futuro possa essere migliore mi aiuta a concentrarmi su quello che faccio, a studiare, sopravvivere al freddo scandinavo (che poi tanto freddo non fa per ora),  sempre cosciente del fatto che noi #Italiansinfuga non siamo figli di papà che partono per far festa, sperperare e tornare in Italia dopo il diploma, siamo qui per crescere, e per dare supporto al nostro paese, tornandoci quando saranno maturi i tempi per portare innovazione e freschezza in patria.

Perchè, alla fine dei conti, un uomo deve fare quello che deve fare.

E intanto quello che faccio è augurarvi un Felice 2012, sperando che dia respiro all'Europa e dia ragione al nuovo governo, alla faccia di chi fa già campagna elettorale.

Gianbellan

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Lisboa

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The city which took my heart

Copenhagen

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